Se la casa rinnovata diventa studio sopravvive soltanto l’ecobonus

Le spese sostenute per la ristrutturazione di un appartamento destinato, alla fine dei lavori, a diventare studio professionale, non fruiscono della corrispondente detrazione fiscale, in quanto la stessa vale solo per gli interventi effettuati su immobili residenziali. Diverso il discorso per le spese di efficientamento energetico, applicabili a prescindere dalla tipologia degli immobili.
Con la risposta n. 611 del 17 settembre 2021, l’Agenzia spiega che la norma di riferimento dell’agevolazione dedicata alle ristrutturazioni edilizie, vale a dire l’articolo 16-bis del Tuir, la quale prevede una detrazione dall’Irpef del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare massimo complessivo delle stesse pari a 48mila euro (elevata al 50%, su un limite di spesa pari a 96mila euro, per i costi sostenuti tra il 26 giugno 2012 ed il 31 dicembre 2021, dall’ultima legge di bilancio che ha modificato l’articolo 16, comma 1, del Dl n. 63/2013), stabilisce a chiare lettere che gli interventi devono essere eseguiti su edifici residenziali o su parti di edifici residenziali di qualunque categoria catastale, anche rurale, esistenti. Sono pertanto esclusi i lavori realizzati su edifici o su parti di edifici non residenziali.

A differenza di questa agevolazione,  l’ecobonus (articolo 14, comma 1, Dl n. 63/2013) si applica a tutti gli edifici esistenti, anche non "residenziali".

Tanto detto, il cambio d’uso post operam dell’appartamento, che il contribuente istante intende ristrutturare e riqualificare energeticamente, porterà inevitabilmente alla perdita dei benefici fiscali disciplinati dall’articolo 16-bis del Tuir, mentre resterà in vita la detrazione fiscale prevista, per gli interventi di efficienza energetica, dall’articolo 14 del Dl n. 63/2013.

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