Fiscalità immobiliare locale:

addio alla Tasi, fusa nell’Imu; Per i fabbricati diversi dall’abitazione principale, l’aliquota di base della nuova imposta municipale è pari allo 0,86%, cioè la somma di quelle vigenti fino all’anno

Tributo per i servizi indivisibili in pensione e riscrittura della normativa Imu. È quanto dispone, con decorrenza dall’anno 2020, la legge 160/2019 (articolo 1, commi 738-783), che, allo scopo di razionalizzare e semplificare la disciplina dei tributi immobiliari, ha unificato Imu e Tasi, anche in considerazione del fatto che le stesse colpivano la medesima base imponibile.
Più precisamente, il comma 738 ha abolito la Iuc (imposta unica comunale), il “contenitore virtuale” introdotto dalla legge di stabilità 2014, che era composto da: Imu, dovuta dal possessore di fabbricati (escluse le abitazioni principali non di lusso, cioè quelle accatastate in categorie diverse da A/1, A/8 e A/9), aree fabbricabili e terreni agricoli; Tasi, il tributo per i servizi indivisibili a carico sia del possessore sia dell’utilizzatore (sempre con l’eccezione delle abitazioni principali non di lusso); Tari, la tassa sui rifiuti.
Per quest’ultima sono rimaste in vigore le vecchie disposizioni, mentre le regole della nuova Imu sono state dettate con i commi da 739 a 783 (è comunque confermata l’autonomia impositiva del Friuli Venezia Giulia e delle due province autonome di Trento e di Bolzano, nelle quali, in particolare, continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imis e l’Imi, istituite nel 2014 al posto dell’Imu e della Tasi).

Cosa cambia con le nuove disposizioni
Fondamentalmente la disciplina dell’Imu ridisegnata dalla legge di bilancio 2020 ricalca quella in vigore fino allo scorso anno. Tuttavia, non mancano alcune novità; di seguito, le più rilevanti:

  • l’aliquota di base per gli altri immobili diversi dall’abitazione principale è stabilita nella misura dello 0,86 per cento. I Comuni, con deliberazione del Consiglio, possono aumentarla fino all’1,06% o diminuirla fino all’azzeramento. Inoltre, gli enti locali che già applicavano la maggiorazione della Tasi (fino a un massimo dello 0,8 per mille) hanno facoltà di innalzare l’aliquota fino all’1,14%, comunque senza poter sforare la misura della maggiorazione applicata nel 2015 e confermata fino al 2019 (negli anni successivi, tale quota aggiuntiva potrà essere modificata al ribasso, senza possibilità di rivariarla verso l’alto)
  • per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D (tra questi, i capannoni industriali), l’aliquota di base è ugualmente fissata allo 0,86%, pari alla somma delle vecchie aliquote Imu (0,76%) e Tasi (0,1%). L’imposta corrispondente allo 0,76% è riservata allo Stato, mentre ai Comuni è concesso di incrementare l’aliquota fino all’1,06% o di diminuirla fino allo 0,76%, senza quindi facoltà di intervenire sulla quota ad appannaggio dell’erario
  • confermata l’esenzione per l’abitazione principale non di lusso e per le relative pertinenze, l’aliquota di base per l’abitazione principale classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 (rispettivamente, abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville, castelli o palazzi di eminente valore artistico o storico) e relative pertinenze è ora stabilita nella misura dello 0,5%, con facoltà per il Comune di aumentarla di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all’azzeramento
  • non è stata riproposta la disposizione contenuta nella vecchia disciplina Imu, secondo la quale era considerato adibito ad abitazione principale, fruendo del relativo trattamento di favore, l’immobile posseduto a titolo di proprietà o di usufrutto dal cittadino italiano non residente nel territorio dello Stato e iscritto all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), titolare di pensione nel Paese di residenza, sempre che l’appartamento non risultasse locato o dato in comodato d’uso
  • cala la tassazione sui fabbricati rurali ad uso strumentale, per i quali è stabilita un’aliquota di base dello 0,1%, che i Comuni possono ridurre fino all’azzeramento (fino al 2019, si partiva dallo 0,2%, riducibile allo 0,1%)
  • per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (“beni merce”), l’aliquota di base sarà pari allo 0,1% negli anni 2020 e 2021, con possibilità, per i Comuni, di aumentarla fino allo 0,25% o diminuirla fino all’azzeramento (in sostanza, si tratta delle regole che valevano per la Tasi). Dal 2022, tali beni, fino a quando permane la destinazione alla vendita e non sono locati, saranno esenti dall’Imu
  • è stata risolta la questione relativa al computo del mese di possesso legata alla precedente formulazione della norma, secondo cui bisognava contare per intero il mese in cui il possesso si era protratto per almeno 15 giorni. Senza alcun’altra indicazione, poteva accadere, in determinati casi, che risultavano debitori d’imposta per il mese in cui avveniva il trasferimento immobiliare sia l’acquirente sia il venditore, perché entrambi possessori dell’immobile per almeno 15 giorni. È stato ora specificato che il giorno in cui avviene il passaggio è conteggiato in capo all’acquirente e che quest’ultimo è chiamato a pagare l’intera imposta del mese del trasferimento se i giorni di possesso risultano uguali a quelli del venditore (la circostanza si verifica quando l’atto viene stipulato il giorno 16 di un mese che ne ha 30)
  • la scadenza per la presentazione della dichiarazione è stata posta nuovamente al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui è iniziato il possesso dell’immobile o sono intervenute variazioni rilevanti per la determinazione dell’imposta (nel 2019 il termine per l’adempimento era stato spostato al 31 dicembre)
  • è stata anticipata di un anno, cioè al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (si tratta del 2022 per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare), l’introduzione della deducibilità integrale dal reddito d’impresa e dal reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni dell’Imu dovuta sui beni strumentali.

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