Acquisto Ue e regime del margine:

Acquisto Ue e regime del margine:
l’onere della prova al contribuente
Rinvenute fatture di acquisto e vendita di autoveicoli tra operatore italiano e operatore tedesco senza applicazione di Iva: il Fisco reclama Irpef, Irap e Iva
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In ambito Iva, il regime del margine di utile, di cui all’articolo 36 del Dl 41/1995, in quanto regime speciale rispetto all’ordinario regime impositivo riguardante gli acquisti intracomunitari, pone a carico del contribuente di provare, a fronte di una contestazione dell’Amministrazione finanziaria, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo, non essendo sufficiente, ai fini probatori la sola regolarità formale della fattura emessa dal cedente.
Questo il principio di diritto ribadito dalla Cassazione nella sentenza n. 26182 del 12 dicembre 2014, che ha accolto le ragioni dell’Erario.

I fatti di causa
Un ufficio finanziario notificava a una società un avviso di accertamento per il recupero di Irpef, Irap e Iva, anno 2003, in seguito a un controllo sugli adempimenti in materia di operazioni intracomunitarie e operazioni soggette al regime del margine, riguardanti acquisti di autovetture usate effettuati dalla stessa società in Germania.
In particolare, l’ufficio accertava – anche sulla base di informazioni assunte dal suo omologo ufficio tedesco – che tutte le operazioni intercorse tra il fornitore tedesco e la società italiana dovevano considerarsi intracomunitarie e, quindi, non assoggettabili al regime del margine.

L’accertamento si fondava sul rinvenimento di un elenco di fatture, relative ad autoveicoli, registrate dalla società accertata come fatture soggette al regime del margine (senza applicazione dell’Iva in acquisto) e che poi risultavano cedute, dalla medesima società, con fatture emesse ancora con il regime del margine, anziché con quello intracomunitario, ossia con l’applicazione dell’Iva sull’intero importo imponibile.

Il ricorso proposto dalla società veniva respinto in primo grado e parzialmente accolto dai giudici tributari di appello.
Questi ultimi, in particolare, hanno ritenuto erronea l’applicazione, al caso di specie, dell’articolo 38, comma 3, lettera e), del Dl 331/1993 – che disciplina gli acquisti intracomunitari a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi, spostati o spediti da altro Stato membro e che individua il luogo di tassazione nello Stato comunitario di destinazione del mezzo – poiché gli autoveicoli non potevano considerarsi nuovi, così come previsto dal citato articolo 38, comma 4, del Dl 331/1993 (secondo cui, i mezzi di trasporto non si considerano nuovi alla duplice condizione che abbiano percorso oltre 6mila chilometri e la cessione sia effettuata decorso il termine di sei mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione).

Avverso la sentenza di appello, l’Amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione, eccependo la violazione dell’articolo 36 del Dl 41/1995 e dell’articolo 38 del Dl 331/1993.
In particolare, l’Amministrazione ricorrente ritiene non rilevante, ai fini della causa, la circostanza – peraltro non contestata – che gli autoveicoli in questione fossero usati, per escludere il regime ordinario di tassazione Iva.
Infatti, ai fini dell’applicazione del regime agevolativo del margine, era necessario che gli acquisti rientrassero nei casi tassativamente indicati, riconducibili ad acquisti compiuti in regime di indetraibilità dell’Iva, assolta in ragione delle specifiche caratteristiche del dante causa.
Inoltre, nel caso di specie, i fornitori tedeschi avevano prodotto, per l’anno 2003, i modelli Intra l/bis, relativi alle cessioni intracomunitarie, indicando come cliente la società italiana accertata che, invece, non aveva prodotto alcuna dichiarazione Intra 2 (per gli acquisti intracomunitari).

La decisione della Cassazione
Per la Corte suprema, la doglianza è fondata.
Infatti, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, in tema di Iva, per l’applicazione del regime del margine di utile (articolo 36 del Dl 41/1995), in quanto regime speciale, è onere del contribuente fornire idonea giustificazione della difformità riscontrata sui documenti contabili, nonché a dimostrare la sussistenza delle condizioni di fruibilità del regime del margine del quale intende avvalersi (cfr Cassazione 8828/2012).
A tal fine, prosegue la Corte, “…non costituisce unica condizione la regolarità formale della fattura emessa dal cedente, poiché in tal modo si attribuirebbe a tale documento un’efficacia probatoria, in realtà non prevista, in relazione all’esistenza dei presupposti giustificativi di tale regime fiscale, e cioè che il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo e risponda ad uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione, configurandosi o come privato consumatore, o come soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta per aver destinato i beni ad attività esente, ovvero che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro, ovvero ancora che abbia a sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile” (cfr Cassazione 8828/2012).

In altri termini, secondo la Cassazione, il regime del margine rappresenta una speciale modalità di versamento dell’imposta, per cui è onere di colui che richiede di accedervi provare la effettiva ricorrenza di tutti gli elementi normativamente richiesti, sia oggettivi sia soggettivi.
Nel caso di specie, poi, la Corte osserva che la qualità della società resistente – professionalmente dedita al commercio di autoveicoli usati di provenienza estera – “…ben le avrebbe consentito di accertare, in base all’esame dei rispettivi documenti di circolazione e della documentazione accompagnatoria dei veicoli e di quanto ritenuto utile a tal fine, l’uso cui erano stati destinati dal cedente straniero, dai suoi danti causa e le loro qualità soggettive, e di conseguenza, stabilire se fosse verosimile che questi non avesse esercitato il diritto di rivalsa per l’Iva pagata sull’acquisto, come d’altronde era suo dovere fare, in considerazione della richiesta di accedere ad un regime fiscale speciale…”.

Osservazioni
L’acquisto intracomunitario di auto costituisce, da sempre, un’attività a rischio di evasione fiscale, tant’è che, recentemente, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato l’attenzione dei responsabili delle strutture antifrode regionali sul monitoraggio delle attività connesse all’immatricolazione di autoveicoli – con particolare riguardo alle istanze inerenti le immatricolazioni con i regimi di deroga all’obbligo di versamento dell’Iva con il modello “F24 - Immatricolazioni auto UE” – che prevedono l’assoggettamento delle auto al regime del margine o l’immatricolazione delle auto come bene strumentale (cfr circolare 25/E del 2014, paragrafo 3.1).

L’articolo 36 del Dl 41/1995 – che disciplina il regime del margine in relazione al commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione – prevede, infatti, che l’Iva relativa alla rivendita di tali beni sia “…commisurata alla differenza tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all’acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie”.
Deve trattarsi, tuttavia, di beni acquistati presso soggetti che abbiano assolto l’imposta in via definitiva, come nel caso di acquisto da privato consumatore, o da soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta per avere destinato i beni ad attività esente, o che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro, o ancora che abbia a sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile.
In pratica, la fruibilità del regime del margine postula, al di là delle annotazioni formali desumibili dalla fattura, la dimostrazione, ricavabile dal riscontro dei requisiti soggettivi suindicati, della circostanza essenziale che il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo.
Infatti, costituisce condizione indefettibile di applicabilità del regime del margine la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore comunitario in occasione dell’acquisto del bene, successivamente rivenduto all’importatore in altro Paese membro.

Pertanto, tutte le volte in cui la contestazione dell’Amministrazione trovi fondamento in elementi oggettivi, che privino di attendibilità le indicazioni contenute nella fattura emessa nei confronti del cessionario, l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’operatività di tale regime di deroga incombe al contribuente-cessionario.
Quest’ultimo è tenuto a verificare preventivamente la regolarità sostanziale dell’operazione, pure con riferimento alla mancata detrazione dell’Iva corrisposta a monte da parte del cedente, nei limiti imposti dal dovere di agire con la diligenza richiesta in base alle concrete circostanze; e ciò anche in relazione alla sua qualità professionale, ove trattasi di operatore commerciale del settore, e alla stregua dei documenti negoziali in suo possesso, conformemente al principio di vicinanza al fatto oggetto di prova e al sistema del diritto comunitario (cfr Cassazione 25126/2014, 658/2014, 17232/2013, 15219/2012 e 8636/2012).
Marco Denaro
pubblicato Mercoledì 31 Dicembre 2014

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