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Forme giuridiche
1 Ditta Individuale
2 Impresa familiare
3 Società di persone
a) Società Semplice
b) S.n.c.
c) Società in accomandita semplice Società a confronto
4 Società di capitali
a) S.r.l.
b) S.p.a. Bilancio di esercizio
c) Societa accomandita per azione
5 Società cooperative Costi indicativi Annui
6 Impresa artigiana
7 Impresa agricola Regimi Contabili
8 Associazione in partecipazione
01/01/2015
Entra in scena il regime forfetario per imprese e autonomi più piccoli, Rimpiazza la disciplina dei "nuovi minimi" che, però, potrà essere ancora sfruttata fino al compimento del primo quinquennio di attività o, se successivi, fino ai 35 anni di età. LEGGE DI STABILITA’ 190/2014
Ditta Individuale
“È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Così recita l’art. 2082 del Codice Civile, che definisce e regola la figura dell’imprenditore, stabilendone i requisiti fondamentali nella professionalità, intesa come svolgimento non occasionale ma abituale dell’attività economica, nell’organizzazione di quest’ultima, intesa come gestione coordinata delle risorse disponibili da parte dell’imprenditore, e nell’economicità della stessa attività.
Una delle più comuni forme adottate per lo svolgimento di una attività di impresa è quella individuale. Tra le forme imprenditoriali previste dal nostro ordinamento, l’impresa individuale (o ditta individuale) rappresenta la più semplice da costituire da un punto di vista burocratico e la meno onerosa da un punto di vista prettamente economico. Prevede la sola figura del titolare/imprenditore che, agendo autonomamente, è l’unico responsabile della gestione ed assume in nome proprio le obbligazioni derivanti dall’attività, con la conseguenza dell’estensione del rischio di impresa a tutto il patrimonio personale (responsabilità illimitata)
La costituzione non prevede particolari formalità: avviene tramite apertura della partita IVA ed iscrizione, entro il termine di 30 giorni, presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio della provincia in cui è fissata la sede legale.
Nello svolgimento della propria attività l’imprenditore individuale può avvalersi, oltre che della propria opera, di dipendenti e/o collaboratori, nonché della collaborazione dei propri familiari, dando vita ad un’impresa familiare.
Alla medesima semplicità della costituzione sono improntate le procedure di chiusura dell’impresa individuale: liquidato quanto dovuto all’Erario ed agli Enti Previdenziali, si effettuano le dovute comunicazioni all’INAIL, all’INPS, alla Camera di Commercio, compresi gli eventuali albi dove l’imprenditore è iscritto, ed infine all’Agenzia delle Entrate per la chiusura della partita I.V.A., passo con il quale la ditta individuale cessa di esistere.
Impresa familiare
L’impresa familiare, disciplinata dall’art. 230bis c.c., è una particolare forma di impresa individuale, alla quale, oltre al titolare, partecipano in modo continuativo uno o più familiari.
A fronte della loro partecipazione all’impresa, i familiari, intesi come coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo, acquisiscono i seguenti diritti, di tipo sia economico che decisionale:
• il diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia;
• il diritto a partecipare agli utili dell’impresa familiare, ma non alle perdite, ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato;
• il diritto di intervenire nelle decisioni inerenti l’impiego degli utili e degli incrementi del patrimonio aziendale;
• il diritto di partecipare alle decisioni relative alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa;
• il diritto di prelazione in caso di cessione dell’azienda;
Relativamente alla partecipazione agli utili dell’impresa in maniera proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, la normativa fiscale ha stabilito che l’imprenditore debba rimanere assegnatario di almeno il 51% degli stessi: le quote spettanti a tutti i collaboratori familiari non possono quindi superare il 49% degli utili conseguiti dall’impresa.
Nonostante i diritti riconosciuti ai collaboratori familiari, l’impresa familiare rimane assoggettata al medesimo trattamento giuridico dell’impresa individuale.
La responsabilità sulle operazioni aziendali ricade esclusivamente in capo al titolare dell’impresa, che risponde con i propri beni alle obbligazioni dell’impresa familiare ed in caso di insolvenza è l’unico soggetto passibile di fallimento. Nei confronti dei terzi l’impresa familiare rimane dunque un’impresa individuale e la sua disciplina è diretta a garantire ai familiari la possibilità di intervenire nelle scelte aziendali in caso di situazioni di straordinaria amministrazione, legate a momenti particolari della vita dell’impresa suscettibili di ripercussioni sulla vita familiare.
Gli elementi essenziali per la costituzione dell’impresa familiare sono ravvisabili nel vincolo di parentela o affinità, pre-requisito indispensabile, e nella non occasionalità del lavoro svolto dai familiari stessi nell’ambito dell’impresa, lavoro che deve essere prestato in modo continuativo e prevalente rispetto ad altre attività eventualmente svolte all’esterno. Non possono quindi essere collaboratori coloro che svolgono in modo continuativo attività di lavoro dipendente, autonomo o d‘impresa, mentre possono esserlo i pensionati.
La costituzione dell’impresa familiare avviene per atto pubblico o scrittura privata autenticata, da cui deve risultare l’attività esercitata dal titolare, gli estremi dei familiari collaboratori, nonché il relativo grado di parentela. È necessario inoltre provvedere, entro 30 giorni dalla stipula dell’atto, all’iscrizione nel registro delle Imprese presso la Camera di Commercio della provincia in cui l’impresa ha sede legale.
La costituzione di impresa familiare può derivare da una ditta individuale già esistente o può essere contestuale all’inizio dell’attività dell’impresa. A seconda dei casi, l’attribuzione di una parte del reddito ai collaboratori e gli effetti fiscali conseguenti, hanno decorrenza differente:
• nel caso in cui si tratti di impresa avviata ex novo sotto forma di impresa familiare, gli effetti fiscali si producono a decorrere dallo stesso periodo d’imposta, a condizione che l’atto di enunciazione dell’impresa familiare venga sottoposto a registrazione nel termine di 20 giorni;
• nel caso di impresa già esistente e successivamente divenuta impresa familiare o nel caso di ingresso di nuovi collaboratori in un’impresa familiare già esistente, gli effetti fiscali si producono a decorrere dal periodo d’imposta successivo alla data dell’atto.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Società di persone
1 Società semplice
2 Società in nome collettivo
3 Società in accomandita semplice
Società semplice
La società semplice (S.s.) rappresenta la forma più elementare di società. Disciplinata dagli articoli 2251-2290 del Codice Civile, è caratterizzata dalle limitazioni imposte al suo oggetto sociale, che può riguardare esclusivamente l’esercizio di attività economiche di natura non commerciale (art. 2223 c.c.).
In conseguenza di tale disposizione la forma giuridica della società semplice ha una sfera di applicazione limitata, riconducibile principalmente ad un ristretto numero di attività:
• attività agricola;
• attività professionali in forma associata;
• società di revisione;
• attività civili non commerciali, quali ad esempio attività di riscossione delle imposte.
L’atto costitutivo non è soggetto né ad obblighi di contenuto né ad obblighi formali, salvo quelli richiesti dalla natura dei beni conferiti (art. 2251 c.c.), il cui trasferimento può richiedere la forma scritta. La legge contempla diverse categorie di conferimenti: conferimenti in denaro, conferimenti in natura, conferimenti di crediti, per i quali il socio garantisce l’esistenza del credito, la solvenza del debitore e risponde del valore attribuito al credito conferito, conferimenti di servizi, con il socio d’opera che si impegna ad eseguire una determinata prestazione lavorativa.
Ai sensi della legge 580/93, la S.s. è tenuta all’iscrizione presso apposita sezione speciale del Registro delle Imprese, avente funzione di pubblicità notizia e certificazione anagrafica.
La società semplice è contraddistinta da autonomia patrimoniale imperfetta: i creditori possono far valere i propri diritti indifferentemente nei confronti della società o dei singoli soci che hanno agito in nome e per conto della società, responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, al pari degli altri soci, salvo patto contrario che limiti la responsabilità di questi ultimi. Nel momento in cui viene loro richiesto il pagamento di debiti sociali, i soci possono chiedere la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali i creditori possono facilmente soddisfarsi (art. 2268 c.c.).
La società, al contrario, non risponde dei debiti personali del socio. Il creditore particolare del socio (art. 2270 c.c.) può soddisfarsi sugli utili che la società dovrebbe ripartire al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo in fase di liquidazione. A differenza di quanto disposto per le altre società di persone, nella società semplice il creditore personale può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore nel caso in cui i beni di costui non siano sufficienti a soddisfare il credito.
In tema di amministrazione sono adottabili due modelli:
• disgiuntivo (art. 2257 c.c.), nel quale l’amministrazione spetta a ciascun socio separatamente dagli altri, che hanno comunque la possibilità di opporsi all’atto che il socio intende compiere (sull’opposizione decide la maggioranza);
• congiuntivo (art. 2258 c.c.), nel quale per porre in essere qualsiasi operazione sociale è necessaria l’unanimità o almeno la maggioranza, mentre il socio singolo può compiere solo atti ritenuti urgenti.
Lo scioglimento del rapporto sociale verso un singolo socio può verificarsi:
• per morte (art. 2284 c.c.), in seguito alla quale i soci superstiti possono scegliere se liquidare la quota agli eredi del defunto, sciogliere la società o far subentrare nella società gli eredi stessi;
• per recesso (art. 2285 c.c.), in seguito ad espressa volontà del socio. In questo caso occorre distinguere tra diverse ipotesi:
o società a tempo determinato: il socio può recedere solo se sussiste giusta causa.
o società a tempo indeterminato o di durata commisurata alla vita di uno dei soci: si può recedere in qualsiasi momento dando un preavviso di almeno tre mesi.
o recesso convenzionale: al verificarsi di una delle cause previste dal contratto sociale.
• per esclusione (art. 2286 c.c.), in seguito a gravi inadempienze (esclusione di diritto) o in seguito a delibera della società (es. interdizione o inabilitazione del socio oppure gravi violazioni della legge o dell’atto costitutivo).
Le cause di scioglimento della società semplice, comuni a tutti i tipi di società di persone, sono dettate dall’art. 2272 del c.c.:
• decorso del termine, qualora al momento della costituzione sia stato fissata la durata della società, tacitamente prorogata (art. 2273 c.c.) nel caso in cui i soci continuino a compiere operazioni sociali;
• conseguimento dell’oggetto sociale o impossibilità di conseguirlo;
• volontà di tutti i soci;
• venir meno della pluralità dei soci, se entro il termine di sei mesi non venga ricostituita;
• altre cause previste dal contratto sociale.
Al verificarsi di una delle cause di scioglimento, la società non si estingue immediatamente, ma entra in stato di liquidazione, nel corso del quale si provvederà al pagamento dei debiti sociali e alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo. Se nell’atto costitutivo non sono previste disposizioni in proposito, la liquidazione viene effettuata da uno o più liquidatori nominati all’unanimità dai soci stessi o dal Tribunale. La società si estingue con la chiusura della procedura di liquidazione.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Società in nome collettivo
La società in nome collettivo (S.n.c.), disciplinata nel codice civile dagli articoli2291-2312, è una società di persone con struttura simile a quella della società semplice, alle cui norme il codice rimanda in mancanza di disposizioni specifiche (art. 2293 c.c.).
Elemento fondamentale è la responsabilità solidale e illimitata dei soci (art. 2291): oltre che con il patrimonio sociale, i soci rispondono per le obbligazioni della società anche con il patrimonio personale. La responsabilità del socio è tuttavia sussidiaria rispetto alla responsabilità della società, godendo del beneficio di escussione preventiva del patrimonio sociale, secondo il quale i creditori devono rivalersi preventivamente sul patrimonio sociale ed in via residuale possono agire sui beni personali del socio. Il fallimento della società è estendibile ai singoli soci.
Con riferimento al creditore particolare del socio, la legge stabilisce l’impossibilità di richiedere la liquidazione della quota del socio-debitore per l’intera durata della società (art. 2305 c.c.), a differenza di quanto previsto nella società semplice. Creditore che ha invece la facoltà, a norma dell’art. 2270 c.c., di rivalersi sugli utili spettanti al debitore e di compiere atti conservativi sulla quota dello stesso in fase di liquidazione.
Per la costituzione di una S.n.c. non sono previste forme particolari di contratto, ma la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata è indispensabile per l’iscrizione della società al Registro delle Imprese, da effettuarsi entro 30 giorni con il deposito dell’atto costitutivo presso l’ufficio competente (art. 2296 c.c.).
L’atto costitutivo deve essere conforme al disposto dell’art. 2295 del c.c., indicando: le generalità dei soci, la ragione sociale, i soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società, la sede della società e le eventuali sedi secondarie, l’oggetto sociale, che non presenta preclusioni verso attività commerciali, i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione, le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera, le norme di ripartizione degli utili, la quota di ciascun socio agli utili ed alle perdite, la durata della società.
La mancata iscrizione nel Registro delle imprese determina l’irregolarità della società (S.n.c. irregolare), le cui principali conseguenze sono individuabili, ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci, nell’applicazione delle norme dettate per la società semplice per regolare i rapporti con i terzi (art. 2297) e nell’impossibilità di richiedere il concordato preventivo o l’amministrazione controllata in caso d’insolvenza della società.
I patti limitativi della responsabilità di uno o più soci sono inefficaci nei confronti dei terzi anche se iscritti nel Registro delle Imprese; di conseguenza nessun socio potrà rifiutarsi di adempiere alla prestazione in base ad un “patto di limitazione”, ma egli avrà diritto di regresso nei confronti degli altri soci.
L’ambito d’applicazione di tale norma va al di là dell’attualità del vincolo sociale, in quanto, in base all’art. 2269 c.c. nel momento in cui la compagine societaria si modifica, i nuovi soci sono obbligati a rispondere anche per le obbligazioni contratte prima della loro ammissione, mentre, in base all’art. 2290, i soci uscenti risponderanno per le obbligazioni sociali sino allo scioglimento della società.
L’amministrazione nella società in nome collettivo può essere di due tipi:
• disgiuntiva (art. 2257 c.c.), a ciascun socio spetta l’amministrazione disgiuntamente dagli altri. Ad ogni socio amministratore è riconosciuto il diritto di opporsi preventivamente all’operazione che un altro voglia compiere e sull’opposizione decide la maggioranza dei soci, calcolata sulla base degli utili attribuiti a ciascun socio;
• congiuntiva (art. 2258 c.c.), nel qual caso le operazioni sociali possono compiersi solo col consenso della totalità dei soci amministratori. In mancanza di accordi diversi stabiliti nell’atto costitutivo, gli amministratori sono autorizzati a compiere singolarmente solo quegli atti urgenti che possano evitare un danno alla società.
Il Codice Civile prevede per i soci della S.n.c. il divieto di concorrenza. Il socio, senza il consenso degli altri, non può esercitare, per conto proprio o altrui, un’attività concorrente con quella della società e non può partecipare con responsabilità illimitata ad altra società concorrente.
Limitatamente al singolo socio, costituiscono cause di scioglimento del rapporto sociale:
• l’esclusione;
• il recesso;
• la morte, causa che comporta, salvo diversamente stabilito nell’atto costitutivo, la liquidazione della quota agli eredi o la continuazione del rapporto sociale con gli eredi del defunto qualora le parti vi acconsentano.
Lo scioglimento della società, come disposto dall’art. 2272 del c.c., può avvenire:
• per il decorso del termine;
• per il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
• per volontà di tutti i soci;
• per sopravvenuta mancanza della pluralità dei soci, qualora nel termine di sei mesi questa non sia ricostituita;
per le altre cause previste nel contratto sociale.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Società in accomandita semplice
La società in accomandita semplice (S.a.s.), disciplinata dagli articoli 2313-2324 del Codice Civile e dalle norme dettate per le società in nome collettivo con gli adattamenti resi necessari dalle differenti tipologie di soci previste, è una società di persone che può esercitare attività commerciale e non commerciale.
L’elemento che la caratterizza è la presenza obbligatoria di due categorie di soci:
1. i soci accomandanti, che rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente alla quota conferita (responsabilità limitata) ed in caso di fallimento della società non incorrono nella procedura fallimentare.
Alla limitazione della responsabilità corrisponde una rigida ed esplicita esclusione dall’amministrazione della società. In caso di violazione il socio si espone al rischio di esclusione dalla società e perde il beneficio della responsabilità limitata verso i terzi. È prevista la possibilità che all’accomandante venga conferita una procura speciale per singoli affari.
Al socio accomandante è inoltre imposto il divieto di far comparire il proprio nome nella ragione sociale della società, la cui violazione lo rende illimitatamente e solidalmente responsabile con gli amministratori delle obbligazioni sociali verso i terzi.
Le quote, in mancanza di patto contrario, sono liberamente trasferibili, anche se l’efficacia della cessione è subordinata all’approvazione della maggioranza dei soci. Derogando all’art. 2284 la quota del socio accomandante è liberamente trasferibile per causa di morte.
2. i soci accomandatari, solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, essendo loro attribuita l’amministrazione e la rappresentanza della società. Per il trasferimento della quota di accomandatario in caso di morte si applicano i principi dell’art. 2284 (i soci superstiti devono liquidare la quota agli eredi o continuare l’attività con loro se questi acconsentono), mentre per quanto riguarda la cessione per atto fra vivi ed il conseguente sub ingresso di nuovi soci è necessario il consenso di tutti i soci se non diversamente stabilito (art. 2252 C.C.).
La costituzione della S.a.s. può avvenire per atto pubblico o per scrittura privata autenticata: nonostante la disciplina non ponga vincoli di carattere formale ai fini della validità del contratto di società, la forma scritta risulta essere condizione indispensabile al fine dell’iscrizione nel Registro delle Imprese. In assenza dell’iscrizione la società assume la veste di “S.a.s. irregolare”, con la conseguenza che i rapporti tra essa ed i terzi saranno regolati dalle norme sulla società semplice.
L’atto costitutivo deve indicare, oltre a quanto previsto dall’art. 2295 c.c. per le società in nome collettivo, i soci accomandanti ed i soci accomandatari con i rispettivi conferimenti. In mancanza di questa indicazione tutti i soci si presumono accomandatari.
L’amministrazione, riservata ai soci accomandatari, può assumere la forma:
• disgiuntiva (art. 2257 c.c.), nella quale l’amministrazione spetta a ciascun socio accomandatario separatamente dagli altri, che hanno il diritto di opporsi all’atto che il socio intende compiere;
• congiuntiva (art. 2258 c.c.), nella quale per qualsiasi operazione sociale è richiesta l’unanimità o almeno la maggioranza, fatta eccezione per gli atti ritenuti urgenti che possono essere compiuti dal singolo amministratore.
In mancanza di disposizioni diverse presenti nell’atto costitutivo, il potere amministrativo è inteso disgiuntamente.
La nomina degli amministratori può essere inserita direttamente nel contratto sociale o essere deliberata dai soci con atto separato, divenendo in questo caso necessario il consenso di tutti gli accomandatari e l’approvazione della maggioranza degli accomandanti o meglio del capitale da essi sottoscritto (art. 2319). Alle differenti modalità di nomina degli amministratori, corrispondono differenti modalità di revoca degli stessi: se gli amministratori sono stati nominati nell’atto costitutivo, la revoca è possibile esclusivamente per giusta causa, se la nomina è avvenuta con atto separato, si segue la medesima procedura della nomina.
Le cause di scioglimento, sostanzialmente comuni alle altre società di persone e dettate dagli artt. 2272 e 2323 del c.c., sono:
• decorso del termine;
• conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
• volontà di tutti i soci;
• sopravvenuta mancanza di una delle categorie di soci previste, qualora nel termine di sei mesi questa non sia ricostituita;
• fallimento;
altre cause previste nel contratto sociale.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Società di capitali
1 Società a responsabilità limitata
2 Società per azioni
3 Società in accomandita per azioni
Società a responsabilità limitata
La società a responsabilità limitata (S.r.l.), disciplinata nel Codice Civile dagli articoli 2462-2483, rappresenta la forma più flessibile e diffusa tra le società di capitali, destinata tendenzialmente ad imprese di dimensioni più
ridotte.
La S.r.l. presenta caratteristiche intermedie tra società di capitali e società di persone, condividendo con le prime l’autonomia patrimoniale perfetta, con i soci che rispondono limitatamente alla propria quota delle obbligazioni sociali, e con le società di persone la forte autonomia statutaria nella disciplina dei rapporti interni tra soci.
Il capitale sociale minimo è di € 10.000,00, suddiviso in quote che attribuiscono a ciascun socio un potere proporzionale alla quota posseduta, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo. Possono essere oggetto di conferimento (art. 2464 c.c.) tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica: denaro, crediti, beni mobili ed immobili, ma anche prestazioni di opera o di servizi in favore della società, per le quali si richiede la presentazione di una polizza d’assicurazione o di una fideiussione bancaria che garantisca gli obblighi assunti dal socio.
Al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo è richiesto che venga versato almeno il 25% dei conferimenti in denaro (l’intero ammontare in caso di S.r.l. con un unico socio): tale versamento può essere sostituito da una polizza o da una fideiussione bancaria che lo garantisca.
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve indicare i dati necessari all’identificazione dei soci e della società, l’attività che costituisce l’oggetto sociale, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, i conferimenti e le quote di partecipazione di ciascun socio, i soggetti cui è affidata l’amministrazione e gli eventuali soggetti incaricati del controllo contabile, le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione e la rappresentanza e ripartendo di conseguenza le competenze fra soci e amministratori, l’importo globale delle spese di costituzione.
Entro 20 giorni dalla sottoscrizione il notaio provvede a depositare l’atto costitutivo presso l’ufficio del Registro delle imprese competente, richiedendo contestualmente l’iscrizione della società al registro stesso, che conferisce personalità giuridica alla società. Per le operazioni compiute prima dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito.
Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione è affidata ad uno o più soci (art. 2475 c.c.) nominati dall’assemblea. L’ampia autonomia statutaria di cui gode la S.r.l. con riferimento alle strutture organizzative, porta all’individuazione di diversi modelli di amministrazione e organi amministrativi:
• organo amministrativo monocratico, con la figura dell’amministratore unico;
• organo amministrativo pluripersonale, con la costituzione di un consiglio di amministrazione che può deliberare collegialmente o non collegialmente, mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto dagli amministratori;
• organo amministrativo pluripersonale con regime di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, con l’applicazione delle regole previste per le società di persone (artt. 2257-2258 c.c.).
Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società e sono solidalmente responsabili verso di essa per i danni che possono derivare dall’inosservanza dei doveri imposti dall’atto costitutivo o della legge. Tale responsabilità non si estende a chi dimostri di essere esente da colpa o che abbia fatto constare il proprio dissenso.
I soci hanno potere decisionale, oltre che sulle materie loro riservate dallo statuto, sulla nomina degli amministratori e del collegio sindacale, sulle modifiche dell’atto costitutivo, sull’approvazione del bilancio e sulle operazioni che possono portare a modificazioni dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci. Per l’approvazione dell’assemblea dei soci è necessaria la maggioranza degli aventi diritto al voto ed almeno la metà del capitale sociale.
Nel caso in cui la società sia a tempo indeterminato, il socio ha diritto di recesso in qualsiasi momento inviando comunicazione con lettera raccomandata almeno 180 giorni prima. Colui che recede ha diritto a veder liquidata la propria quota in modo proporzionale al valore del patrimonio sociale, alle prospettive reddituali della società stessa e del probabile valore di mercato delle quote.
L’esclusione del socio è prevista solo per giusta causa o per i casi indicati nello statuto. Come nelle società di persone, la decisione deve essere presa a maggioranza dall’assemblea dei soci.
L’atto costitutivo può prevedere, determinandone competenze e poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. Qualora il capitale sociale sia uguale o maggiore di quello previsto per le S.p.A. (€ 120.000,00) o nel caso in cui per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2435 bis, la nomina del collegio sindacale è obbligatoria.
Lo scioglimento della società è disciplinato dall’art. 2484 c.c., che prevede le seguenti cause:
• decorrenza del termine;
• conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
• impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea;
• riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, fatta salva la sua contestuale reintegrazione;
• ipotesi previste dall’art. 2473 del c.c., connesse al procedimento di liquidazione della partecipazione sociale che fa capo al socio recedente;
• deliberazione dell’assemblea;
• altre cause previste dall’atto costitutivo, dallo statuto e dalle leggi vigenti.
Società a responsabilità limitata con unico socio
La società a responsabilità limitata avente un unico socio (S.r.l. unipersonale), al pari della S.r.l. pluripersonale, è dotata di personalità giuridica e gode di autonomia patrimoniale perfetta.
Elementi che la differenziano dalla S.r.l. pluripersonale sono ravvisabili nelle disposizioni relative alla sua costituzione e nelle ipotesi di perdita della responsabilità illimitata:
• alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato l’intero capitale sociale;
• il socio diventa illimitatamente responsabile nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni: non sia stata fatta la prescritta pubblicità nel registro delle imprese, il capitale sociale non sia stato interamente versato e la società sia insolvente.
La ragione sociale deve indicare che si tratta di una società unipersonale.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Società per azioni
La società per azioni (S.p.A.), disciplinata nel Codice Civile dall’art. 2325 e seguenti, è una società di capitali dotata di personalità giuridica e con autonomia patrimoniale perfetta.
Per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio, che risulta essere completamente distinto da quello dei soci, la cui responsabilità è limitata al capitale sottoscritto.
La costituzione di una S.p.A. può avvenire per contratto associativo tra due o più persone (sia fisiche che giuridiche) o per atto unilaterale, nel caso di società unipersonale, avente cioè un unico socio.
L’atto costitutivo deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico e indicare, come previsto dall’art. 2328 del c.c.:
• il cognome e il nome o la denominazione, la data ed il luogo di nascita o lo Stato di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a ciascuno di essi;
• la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
• l’attività che costituisce l’oggetto sociale;
• l’ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;
• il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione;
• il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura;
• le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;
• i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;
• il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra di essi hanno la rappresentanza della società;
• il numero dei componenti il collegio sindacale;
• la nomina dei primi amministratori e sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e, quando previsto, del soggetto al quale è demandato il controllo contabile;
• l’importo globale delle spese per la costituzione poste a carico della società;
• la durata della società, ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
Lo statuto, contenete le norme che regolano il funzionamento della società, costituisce parte integrante dell’atto costitutivo.
Il capitale sociale della S.p.A. è suddiviso in titoli denominati azioni. Condizione indispensabile per la costituzione della società è che il capitale venga integralmente sottoscritto.
La sottoscrizione delle azioni può avvenire secondo due modalità:
• simultanea, quando il contratto viene stipulato alla presenza di un pubblico ufficiale e di tutti i soci fondatori;
• pubblica, quando i promotori danno pubblicità alla possibilità di sottoscrivere le azioni della società e solo successivamente alla sottoscrizione di tutte le quote si convoca l’assemblea dei sottoscrittori per la stipulazione dell’atto costitutivo.
Entro 20 giorni dalla stipula il notaio provvede a depositare l’atto costitutivo presso l’ufficio del Registro delle imprese competente, richiedendo contestualmente l’iscrizione della società al registro stesso. L’iscrizione conferisce personalità giuridica alla società.
Il capitale sociale minimo previsto è pari a € 120.000,00: al momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato in denaro almeno il 25% dei conferimenti, eccezion fatta per la S.p.A. unipersonale, per la quale è richiesto il versamento del loro intero ammontare. Sono ammessi conferimenti (art. 2342 c.c.) in denaro, in natura e di crediti, mentre sono esclusi i conferimenti aventi ad oggetto prestazioni d’opera o di servizi. I conferimenti in natura devono essere sottoposti a perizia di un ufficiale giudiziario incaricato dal tribunale ove la società ha sede e devono essere interamente liberati al momento della sottoscrizione.
Le azioni che costituiscono il capitale sociale rappresentano la partecipazione alla società ed incorporano l’insieme dei diritti connessi allo status di socio. Tali diritti, a seconda del tipo di azione, possono essere amministrativi (es. di voto, di partecipazione alle assemblee, di consultazione dei libri sociali) e/o patrimoniali (es. all’utile, alla liquidazione della quota).
Ferma restando la presenza dell’assemblea dei soci, seppur con ruoli e competenze significativamente differenti a seconda dell’opzione prescelta, il codice civile prevede per le S.p.A. tre sistemi di amministrazione e controllo (art. 2380 c.c.):
• il sistema tradizionale, automaticamente adottato in mancanza di diverse disposizioni statutarie, si caratterizza per la presenza di un organo amministrativo monocratico (amministratore unico) o pluripersonale (consiglio di amministrazione che opera collegialmente) e di un organo di controllo che vigila sulla legalità e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, il collegio sindacale, entrambi eletti dall’assemblea dei soci;
• il sistema dualistico, fondato sulla compresenza di due organi collegiali, il consiglio di gestione, cui è affidata in via esclusiva la gestione, ed il consiglio di sorveglianza, con competenze analoghe al collegio sindacale del sistema tradizionale e competenze sostitutive di alcune attribuzioni che nel sistema tradizionale appartengono all’assemblea dei soci (es. approvazione del bilancio d’esercizio e di nomina degli amministratori). L’assemblea nomina i membri del consiglio di sorveglianza, che a loro volta nominano i membri del consiglio di gestione;
• il sistema monistico, basato su un consiglio di amministrazione (è esclusa la possibilità dell’amministratore unico), cui è affidata in via esclusiva la gestione, che nomina al suo interno un comitato per il controllo sulla gestione, organo che sostituisce il collegio sindacale.
Lo scioglimento della società per azioni avviene per una delle cause contemplate nell’art. 2484 del Codice Civile:
• decorso del termine;
• conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;
• impossibilità di funzionamento o continua inattività dell’assemblea;
• riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale, fatte salve le possibilità della trasformazione della società e della reintegrazione del capitale sociale;
• impossibilità di liquidare la quota del socio recedente;
• deliberazione dell’assemblea;
• altre cause determinate dall’atto costitutivo, dallo statuto o dalla legge;
• fallimento;
• provvedimento dell’autorità governativa.
Allegati:
• Codice Civile libro V
Società in accomandita per azioni
La società in accomandita per azioni (S.a.p.a.), disciplinata dagli articoli 2452-2461 del Codice Civile e dalle diposizioni compatibili previste per le società per azioni, è una società di capitali atipica, caratterizzata dalla presenza di due diverse categorie di soci cui corrispondono due differenti gradi di responsabilità (responsabilità mista).
I soci della società in accomandita per azioni si dividono in (art. 2452 c.c.):
• soci accomandatari, sono amministratori di diritto, rispondono solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali in via sussidiaria rispetto al capitale sociale. Tale responsabilità permane fino a quando il socio mantiene la carica di amministratore;
• soci accomandanti, esclusi dall’amministrazione e responsabili esclusivamente nei limiti della quota di capitale sottoscritta, al pari delle altre società di capitali.
La costituzione avviene con atto pubblico, che deve indicare, oltre quanto richiesto all’art. 2328 del c.c. per le società per azioni, i soci accomandatari della società.
A tutela dei terzi, in modo da rendere immediata l’identificazione di almeno uno degli amministratori il cui patrimonio va ad integrare quello sociale, la denominazione sociale deve essere costituita dal nome di uno o più accomandatari, con l’indicazione di S.a.p.a..
Il notaio entro 20 giorni provvede al deposito dell’atto costitutivo presso l’Ufficio del registro delle Imprese e alla contestuale iscrizione della società presso lo stesso Ufficio: con l’iscrizione la società acquisisce personalità giuridica.
Il capitale sociale, costituito da azioni, non può essere inferiore a € 120.000,00 ed il 25% deve essere conferito contestualmente alla sottoscrizione dell’atto costitutivo.
Relativamente alla figura dei soci, caratteristica distintiva della S.a.p.a. rispetto alla società in accomandita semplice è che la qualità di socio accomandatario e quella di amministratore non possono essere scisse ai sensi dell’art. 2455 del c.c..
L’amministrazione della società, infatti, spetta di diritto ai soci accomandatari e la carica di amministratore è a tempo indeterminato. L’assemblea dei soci ha la facoltà di revocare il mandato di amministratore per giusta causa, in assenza della quale l’amministratore revocato ha diritto al risarcimento dei danni (art. 2456 c.c.). L’accomandatario che cessa dalla funzione di amministratore, per revoca o per rinuncia, a differenza di quanto previsto per le società in accomandita semplice, non è responsabile per le obbligazioni societarie sorte dopo l’iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dall’ufficio (art. 2461 c.c.).
Il funzionamento della società si basa sulla compresenza di tre organi:
• l’assemblea dei soci, costituita da entrambe le tipologie di soci e le cui maggioranze si formano in base alle quote di capitale possedute, indipendentemente dallo status di accomandante o accomandatario;
• l’organo amministrativo, composto dai soci accomandatari, amministratori di diritto della società (art. 2455 c.c.);
• il collegio sindacale, organo di controllo della società. Al fine di garantirne l’autonomia e l’indipendenza, nelle assemblee dei soci in cui se ne eleggono o revocano i membri, non hanno diritto di voto gli accomandatari (art. 2459 c.c.).
Le modifiche dell’atto costitutivo (art. 2460 c.c.) e la sostituzione degli amministratori (art. 2457 c.c.), competenze dell’assemblea dei soci, devono essere approvate con le maggioranza richieste per le assemblee straordinarie delle S.p.A. (50% + 1 del capitale sociale) e da tutti i soci accomandatari.
Lo scioglimento della società in accomandita per azioni può avvenire, oltre che per le cause comuni alle altre società di capitali, per una causa specifica dettata dall’art. 2458 del c.c. che stabilisce che, qualora tutti gli amministratori decadono dal loro incarico, la società si scioglie se nel termine di 180 giorni non si sia provveduto alla loro sostituzione e i sostituti non abbiano accettato la carica. Per questo lasso di tempo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio (anche estraneo alla società) con il compito di svolgere gli atti di ordinaria amministrazione.
Le cause di scioglimento comuni alle società di capitali (art. 2484 del c.c.) sono il decorso del termine, il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, l’impossibilità di funzionamento o la reiterata inattività da parte dell’assemblea, la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (fatta salva la previsione dell’artt. 2447 c.c. relativamente al suo reintegro), l’impossibilità di liquidare la quota del socio recedente, la deliberazione dell’assemblea e le altre cause previste dall’atto costitutivo, dallo statuto e dalle leggi vigenti.
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• Codice Civile Libro V
Società cooperative
La società cooperativa, disciplinata nel codice civile dagli articoli 2511-2545, ha come principale caratteristica lo scopo mutualistico che persegue.
Scopo mutualistico di cui i soci sono i destinatari principali e che consiste nel fornire loro beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più convenienti di quelle che troverebbero sul mercato.
Le società cooperative possono essere distinte in due categorie:
• cooperative a mutualità prevalente;
• cooperative a mutualità non prevalente o sussidiaria.
La distinzione assume notevole rilevanza in quanto solo le prime possono beneficiare delle agevolazioni di carattere tributario riservate alle cooperative, previa iscrizione all’Albo Nazionale delle Società Cooperative istituito presso il Ministero delle Attività produttive
Sono a mutualità prevalente (art. 2512 c.c.) le cooperative che, nel rispetto dei criteri per la definizione della prevalenza fissati dall’art. 2513 del c.c.:
• svolgono la loro attività prevalente in favore dei soci (cooperative di consumo);
• si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci (cooperative di produzione e lavoro);
• si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (cooperative di altra natura).
Tale tipo di cooperativa è inoltre soggetta a specifici vincoli, fissati dall’art. 2514 e necessariamente contenuti nello statuto, di seguito elencati:
• divieto di distribuire ai soci dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei Buoni postali fruttiferi aumentato di 2,50 punti, calcolato sul capitale effettivamente versato.
• divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci in misura superiore al 2% del limite massimo previsto per i dividendi;
• divieto di distribuire Riserve ai soci;
• obbligo di devolvere, in caso di scioglimento della società, l’intero patrimonio, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Qualora per due esercizi consecutivi non vengano rispettate le condizioni di prevalenza, o nel caso vi sia una modifica statutaria riguardante la distribuzione di utili e riserve, la cooperativa perde la qualifica di “cooperativa a mutualità prevalente” e le relative agevolazioni fiscali.
Alle società cooperative si applicano le disposizioni dettate con riferimento alla società per azioni; l’atto costitutivo può però prevedere che, in caso di
cooperativa con meno di 20 soci ed un attivo dello stato patrimoniale non superiore a un milione di euro, venga applicata la disciplina della società a responsabilità limitata.
Con riferimento alle obbligazioni sociali, l’art. 2518 c.c. stabilisce che ne risponde esclusivamente la società con il suo patrimonio: i soci sono responsabili limitatamente alla quota sottoscritta.
La cooperativa si costituisce per atto pubblico. L’atto costitutivo, da depositarsi entro 20 giorni per l’iscrizione nel Registro delle imprese, fissa le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica, prevedendo eventualmente la possibilità di svolgere l’attività anche con terzi, e contiene una serie di informazioni riguardanti i soci, le condizioni per il loro recesso e quelle per le nuove ammissioni, l’oggetto e il capitale sociale, il sistema di amministrazione, la nomina dei primi amministratori e la composizione degli altri organi sociali, secondo quanto dettato dall’art. 2521 c.c.
Il numero dei soci necessari alla costituzione deve essere almeno pari a nove (art. 2522 c.c.). Possono essere costituite cooperative con un numero di soci compreso tra tre e otto nel caso essi siano persone fisiche e siano adottate le norme della società a responsabilità limitata.
Se nel corso della gestione il numero dei soci scende al di sotto dei limiti indicati esso deve essere integrato entro un anno, pena lo scioglimento e la liquidazione della società.
Elemento essenziale della cooperativa è la variabilità del capitale, espressione dell’attuazione del principio della “porta aperta” relativamente all’ingresso di nuovi soci, la cui ammissione non comporta modificazioni dell’atto costitutivo.
Il valore nominale unitario delle quote o delle azioni non può essere inferiore a 25 euro né, per le azioni, superiore a 500 euro. Nessun socio persona fisica può detenere una quota superiore a 100.000 euro, salvo nelle società con più di cinquecento soci, nelle quali l’atto costitutivo può elevare il limite fino al due per cento del capitale sociale. In ogni caso, ad ogni socio persona fisica spetta un solo voto.
Gli organi sociali della cooperativa sono:
• l’Assemblea dei soci, cui è affidata la funzione deliberativa e quindi la formazione della volontà sociale;
• il Consiglio di Amministrazione, organo esecutivo che gestisce la società secondo le direttive dell’Assemblea, ha competenza in tutti quegli ambiti non riservati espressamente dalla legge all’Assemblea e compie le attività dirette all’attuazione dell’oggetto sociale. Possono entrarvi a far parte anche i non soci;
• l’organo di controllo o collegio sindacale, organo di vigilanza obbligatorio qualora il capitale sociale non sia inferiore a € 120.000,00, nei casi previsti dall’art. 2435bis del c.c. (redazione bilancio forma abbreviata) e nel caso la società emetta strumenti finanziari non dotati di diritti di amministrazione. I componenti il collegio possono anche essere non soci.
Relativamente al sistema di amministrazione le società cooperative alle quali si applicano le disposizioni previste per le s.p.a. sono libere, analogamente a queste ultime, di scegliere tra sistema tradizionale, sistema dualistico, sistema monistico.
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Codice Civile Libro V
Impresa artigiana
L’attività artigiana è regolata dalla L. 433/85 – Legge Quadro dell’Artigianato, che provvede a definire le caratteristiche dell’imprenditore artigiano e dell’impresa artigiana.
È imprenditore artigiano colui che “esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi attinenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo” (art. 2). La definizione mette in risalto l’importanza del lavoro svolto dall’imprenditore, elemento principale dell’impresa artigiana, rimarcata implicitamente nel successivo comma 3 del medesimo articolo, nel quale è stabilito che, per poter svolgere determinate attività che richiedono una preparazione specifica ed implicano responsabilità a tutela degli utenti (es. attività di estetista, parrucchiere e barbiere, installazione di impianti, autoriparazione), l’imprenditore artigiano debba essere in possesso di determinati requisiti tecnico-professionali previsti dalla legge.
L’art. 3 della L. 433/85 definisce artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano entro determinati limiti dimensionali (stabiliti dalla medesima legge), “abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi, escluse le attività agricole e di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa”, delineandone quindi l’ambito di attività e vincolandola al rispetto di limiti dimensionali.
Nello svolgere tali attività, l’impresa artigiana può assumere sia la forma individuale che la forma collettiva, nel rispetto di criteri di individuazione sostanzialmente simili, adeguati alle differenti forme giuridiche, e di limiti dimensionali comuni:
• nel caso di ditta individuale il titolare deve rispecchiare i requisiti dell’imprenditore artigiano, svolgendo in maniera prevalente il proprio lavoro nel processo produttivo;
• relativamente alla forma societaria, secondo quanto stabilito dal citato art. 3 della L. 433/85, possono essere qualificate artigiane le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, nonché le società cooperative, nelle quali la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, partecipi con il proprio lavoro al processo produttivo; per le srl pluripersonali tali soci devono detenere anche la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società; per le società a responsabilità limitata unipersonali e per le società in accomandita semplice è previsto rispettivamente che il socio unico o tutti i soci accomandatari prestino il proprio lavoro nel processo produttivo e che non siano al contempo soci di altra s.r.l. unipersonale o di altra società in accomandita semplice.
In entrambe le fattispecie, per configurarsi come impresa artigiana, è necessario che l’impresa rispetti i seguenti limiti dimensionali relativi al personale dipendente impiegato:
• per l’impresa che non lavora in serie: un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9, elevabile fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti;
• per l’impresa che lavora in serie, con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5, elevabile fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti;
• per l’impresa operante nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura: un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16, elevabile fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.
• per l’impresa di trasporto: un massimo di 8 dipendenti;
• per le imprese di costruzioni edili: un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5, elevabile fino a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.
L’impresa avente i requisiti dell’impresa artigiana è obbligata ad iscriversi all’Albo delle Imprese Artigiane presso la Camera di Commercio Industria e Artigianato competente, tranne nel caso di società a responsabilità limitata pluripersonale, per la quale l’iscrizione è facoltativa.
L’iscrizione all’Albo è costitutiva dell’impresa artigiana e condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni specifiche destinate a tale tipo d’imprese.
Le imprese che abbiano superato i limiti dimensionali precedentemente citati, fino ad un massimo del 20% e per un periodo non superiore a tre mesi nell’anno solare, mantengono l’iscrizione all’Albo.
Incompatibilità
L’imprenditore artigiano può essere titolare solamente di un’impresa artigiana e non può partecipare all’attività di altre imprese artigiane, nelle quali può essere unicamente socio di capitale.
Il titolare di un’impresa artigiana può svolgere contemporaneamente anche un’altra attività di tipo commerciale e rimanere iscritto all’Albo purché l’attività artigiana, in termini di tempo-lavoro, sia prevalente rispetto a quella commerciale.
Impresa agricola
L’imprenditore agricolo è colui che, come stabilito dall’art. 2135 c.c., esercita una delle seguenti attività:
• coltivazione del fondo;
• selvicoltura;
• allevamento di animali
e attività connesse alle precedenti.
La coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento di animali sono quelle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Per attività connesse si intendono le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzo prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, come le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero i servizi di ricezione e ospitalità.
Il D.Lgs. 99/2004, sostituendo la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale (IATP), ha introdotto la qualifica di Imprenditore agricolo professionale (IAP), ovvero colui che, in possesso di conoscenze e competenze professionali di cui all’art. 5 del Reg. (CE) n. 1257/1999, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle stesse attività almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro (requisiti ridotti al 25% per coloro che operano nelle aree svantaggiate).
La qualifica d’imprenditore agricolo professionale si estende anche alle società agricole, ovvero quelle società che, a norma dell’art. 2 del D.Lgs. 99/2004, abbiano come oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. e contengano nella denominazione o ragione sociale l’indicazione di società agricola.
Tra le società agricole sono considerate imprenditori agricoli professionali:
• le società di persone nelle quali almeno un socio sia in possesso della qualifica di IAP, nel caso di società in accomandita semplice il socio accomandatario;
• le società cooperative nelle quali almeno uno dei soci-amministratori sia in possesso della qualifica di IAP;
• le società di capitali nelle quali almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di IAP.
La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società.
All’IAP, iscritto nella competente sezione previdenziale ed assistenziale, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione diretta e creditizia già previste a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.
Essendo presente nel codice civile la distinzione tra imprese agricole di cui all’art. 2135 c.c. e le imprese commerciali di cui all’art. 2195 c.c., l’impresa agricola non è soggetta alle norme relative al fallimento ed al concordato preventivo, come stabilito dall’art. 2221 c.c. e dall’art. 1 del D.Lgs. 5/06, che afferma: “Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori“.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Associazione in partecipazione
L’associazione in partecipazione è un contratto tra due soggetti, associante ed associato, nel quale il primo attribuisce al secondo il diritto a partecipare agli utili (o alle perdite) derivanti dalla gestione della sua impresa, o di uno o più affari, a fronte di un apporto valutabile economicamente (art. 2549 c.c.). Associato ed associante possono essere sia una persona fisica che una persona giuridica (impresa).
La redazione del contratto non richiede la forma scritta, tranne i casi in cui l’apporto da parte dell’associato riguardi beni immobili o diritti reali di godimento su beni immobili, per i quali si rende necessaria la scrittura privata autenticata o l’atto pubblico.
L’apporto può essere di capitale (beni o denaro), esclusivo di lavoro, misto lavoro-capitale.
Anche nel caso vengano apportate esclusivamente prestazioni lavorative, l’associazione in partecipazione non è assimilabile al rapporto di lavoro subordinato, in quanto:
• l’associato ha solo l’obbligo di adempiere agli impegni assunti contrattualmente e non si viene a creare nessun vincolo di subordinazione rispetto all’associante;
• il compenso dell’associato è funzione esclusiva degli utili d’impresa, non trovando applicazione contratti di categoria e non essendo previsti minimi retributivi garantiti;
• l’associante deve rendere conto all’associato della gestione dell’impresa o dell’affare, presentando un rendiconto finale rappresentativo della gestione.
Nonostante il contratto di associazione in partecipazione attribuisca all’associato un limitato potere di gestione all’interno dell’impresa o dell’affare, finalizzato al perseguimento degli obiettivi prefissati, la gestione dell’impresa rimane prerogativa esclusiva dell’associante, come tassativamente stabilito dall’art. 2552 c.c.: “La gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante. Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’associato sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta”.
Relativamente alla partecipazione ad eventuali perdite derivanti dalla gestione dell’impresa o dell’affare, l’art. 2553 c.c. stabilisce che, “salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo apporto”, ponendo quindi dei limiti a sua tutela e lasciando alle parti la facoltà di escludere contrattualmente ogni sua partecipazione al rischio d’impresa.
Differenze sostanziali distinguono il contratto di associazione in partecipazione dal contratto di società, in quanto:
• non si ha la nascita di un nuovo soggetto di diritto;
• non si realizza la costituzione di un patrimonio autonomo rispetto a quello dell’associante (l’apporto dell’associato rimane distinto e non si confonde con il patrimonio dell’impresa dell’associante);
• l’impresa rimane di esclusiva competenza dell’associante, pertanto è solo nei confronti di quest’ultimo che i terzi possono assumere obbligazioni o vantare diritti.
Essendo l’associante l’unico titolare delle obbligazioni assunte dall’impresa, l’associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante mentre il fallimento dell’associato non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto di associazione.
Allegati:
• Codice Civile Libro V
Il bilancio di esercizio
Il bilancio di esercizio è quel documento che, rappresentando la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, consente di calcolarne il risultato economico e di valutarne le prospettive per il futuro. Viene redatto al termine dell’anno amministrativo (in Italia, solitamente, equivale all’anno solare 01-01 / 31-12), seguendo le indicazioni stabilite all’art. 2423 e seguenti del Codice Civile.
La redazione del bilancio secondo lo schema previsto dal Codice Civile è obbligatoria per le società di capitale e le società cooperative mentre è facoltativo per le imprese individuali e per le società di persone.
Il primo comma dell’art. 2435-bis c.c. stabilisce che alle società che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, sia concessa la facoltà (non è un obbligo) di redigere il bilancio in forma abbreviata, caratterizzato da un minore dettaglio nello Stato Patrimoniale, nel Conto Economico e nella nota integrativa, quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:
1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;
3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.
Il bilancio deve essere redatto dagli amministratori (articolo 2423 C.C.) e comunicato al collegio sindacale (articolo 2429 C.C.), se esiste, almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea indetta per l’approvazione. Viene approvato dall’assemblea dei soci che deve essere convocata almeno una volta all’anno, entro il termine stabilito nello statuto e comunque non oltre 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Lo statuto può prevedere un maggior termine, fino a 180 giorni, per le società tenute alla redazione del bilancio consolidato oppure quando lo richiedono particolari esigenze della società. Una volta approvato occorre depositarlo, in formato elettronico, presso la Camera di Commercio di competenza.
I documenti che lo compongono sono:
• Stato Patrimoniale, nel quale si determina il capitale di funzionamento dell’impresa alla data di chiusura del bilancio contrapponendo i beni dell’impresa (attività) ai debiti che ha verso altri soggetti (passività): è in questo prospetto che vengono indicate tutte quelle attività e passività che l’azienda si porterà avanti per diversi anni.
In via generale, le attività esprimono gli investimenti e sono rappresentate da: valori finanziari attivi (es. crediti verso clienti, cassa, conti correnti bancari, ecc.) e da valori economici relativi a beni acquistati (costi) ma non ancora interamente utilizzati (impianti, rimanenze di prodotti, ecc.).
Le passività invece esprimono finanziamenti esterni, quindi si avranno: valori finanziari passivi (debiti verso fornitori, finanziamenti bancari, ecc.); valori economici relativi a ricavi già conseguiti ma che interessano anche gli anni futuri.
Il capitale proprio dell’azienda, indicato tra le voci di bilancio come “capitale netto”, viene ascritto sotto le passività ed esprime i finanziamenti di proprietà dell’imprenditore. Se l’azienda ha una struttura societaria, il capitale proprio è solitamente suddiviso in:
1. capitale sociale dell’impresa, sono le risorse messe a disposizione dell’azienda dai soci;
2. fondi di riserva, creati non distribuendo utili ai soci
3. utile o reddito di esercizio, diventa un’ulteriore fonte di finanziamento se non viene distribuito ai soci.
• Conto Economico, mediante il quale si determina il risultato economico dell’esercizio attraverso la contrapposizione tra i ricavi (intesi come valore della produzione di beni o servizi ceduti all’esterno) e i costi (valore dei fattori prodottivi consumati per la produzione), in questo caso le diverse voci “iniziano e finiscono” nell’anno del bilancio. Quello che succede nell’anno amministrativo, quindi, viene descritto in questo prospetto: se i costi sostenuti sono inferiori ai risultati ottenuti avremo un utile, altrimenti una perdita.
• Nota integrativa deve fornire tutte quelle spiegazioni sui criteri utilizzati per la redazione del bilancio che permettano a chiunque di poterlo leggere ed interpretare correttamente. E’ un documento contabile molto importante proprio perché è suo compito fornire tutte quelle informazioni aggiuntive che dai prospetti numerici, quali sono lo Stato Patrimoniale ed il Conto Economico, non possono essere estrapolate.
Le indicazioni sui criteri di valutazione delle diverse voci sono fondamentali perché se è vero che (come indicato dal Codice Civile) “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico”, è anche vero che a seconda della finalità di redazione (es. per richiedere un prestito in banca, per la vendita di quote dell’azienda, per pubblicizzare l’immagine aziendale) possono essere messe in evidenza determinate voci rispetto ad altre.
Una distinzione importante, ai fini legali, è quella tra criteri di valutazione civilistici e criteri fiscali.
I criteri civilistici sono improntati alla prudenza: si valuta il patrimonio sociale e si cerca la sua salvaguardia a garanzia dei terzi. Questo principio porta ad una valutazione eseguita sulla base della non considerazione degli utili sperati e sulla indicazione delle perdite presunte, cosicché i soggetti esterni all’azienda che abbiano intenzione di investire nella stessa o che debbano collaborare non vengano tratti in inganno dall’evidenziazione di redditi presunti ma invece abbiano conoscenza delle possibili perdite.
Nel fissare i criteri fiscali, aventi lo scopo di ridurre e contrastare l’evasione fiscale, il legislatore ha seguito due principi differenti per i componenti positivi e per quelli negativi, rispettivamente incentrati sull’imputazione di tutti i ricavi e sull’esclusione dei costi considerati indeducibili, in quanto non direttamente connessi all’attività aziendale, al fine di evitare che le società possano ridurre gli utili sottostimando i ricavi e aumentando i costi.
Nella redazione del bilancio devono essere seguite principalmente le norme civilistiche ed in fase di dichiarazione dei redditi quelle fiscali: verranno eseguite le c.d. riprese fiscali, cioè quelle correzioni che trasformeranno l’utile di bilancio in reddito imponibile. Questo significa aggiungere all’utile (o alla perdita) i costi indeducibili e sottrarre i ricavi non imponibili, esplicitamente indicati dall’autorità fiscale.
Con il Decreto Legislativo 127/91 è stato disposto che le società italiane, nella redazione dei bilanci, si adeguino alle norme dell’Unione Europea (UE) in materia di “conti annuali”. La principale differenza è data dalla forma del bilancio: invece di essere a sezioni contrapposte come era quello italiano, è in forma scalare per cui si hanno le diverse voci di seguito prima le attività e poi le passività dello Stato Patrimoniale, poi del Conto Economico ed il risultato della gestione viene a determinarsi dalla differenza tra le diverse voci. Attualmente per adempiere all’obbligo del deposito occorre redigere il bilancio secondo le indicazioni dell’ UE.
Allegati:
• Codice Civile Libro V artt. da 2423 a 2435bis