Fonte: Fisco Oggi
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Cancellata la seconda rata Imu
L’esenzione dal versamento del tributo municipale spetta a condizione che il proprietario dell’immobile sia anche gestore dell’attività imprenditoriale che vi viene esercitata
Non è dovuta la seconda rata dell’Imu 2020, in scadenza il prossimo 16 dicembre, per gli immobili e le relative pertinenze in cui si svolgono le attività interessate dalle misure restrittive di sospensione o di limitazione dell’esercizio disposte, con il Dpcm 24 ottobre 2020, a seguito dell’aggravarsi dell’emergenza sanitaria. A prevederlo è l’articolo 9 del Dl 137/2020 (decreto “Ristori”).
Le attività in questione sono elencate in maniera dettagliata nell’allegato 1 dello stesso provvedimento e riguardano i settori della ristorazione e della somministrazione di cibi e bevande (bar, pasticcerie, gelaterie, ristoranti), della ricettività alberghiera, del turismo, dello sport, del benessere fisico (piscine, palestre), dello spettacolo, della cultura, dell’organizzazione di fiere e altri eventi.
L’agevolazione, però, spetta soltanto se c’è coincidenza tra proprietario dell’immobile e gestore dell’attività che in esso viene esercitata.
La misura si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla comunicazione 19 marzo 2020 della Commissione europea “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid-19”.
Per risarcire i Comuni della perdita di gettito conseguente all’abolizione della seconda rata dell’Imu 2020, il Fondo di ristoro istituito presso il ministero dell’Interno (articolo 177, comma 2, Dl 34/2020) è incrementato di 101,6 milioni di euro.
La nuova agevolazione si aggiunge all’esenzione dal pagamento della seconda rata dell’Imu per le strutture dei settori turismo e spettacolo disposta dall’articolo 78 del Dl 104/2020 (decreto “Agosto”). Quel provvedimento ha sancito la non debenza del tributo per:
- gli immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonché gli immobili degli stabilimenti termali
- gli immobili rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con fine di lucro) e relative pertinenze, gli immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività lì esercitate
- gli immobili rientranti nella categoria catastale D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni
- gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, purché ci sia corrispondenza tra relativo proprietario e gestore dell’attività (per tale tipologia di immobili, tra l’altro, l’esenzione dall’Imu è prevista anche per gli anni 2021 e 2022, previa autorizzazione della Commissione europea)
- gli immobili destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili, sempreché proprietario e gestore coincidano.
Tali disposizioni sono espressamente fatte salve dalla nuova norma, non ne vengono superate. Vale a dire che – come specifica la relazione illustrativa – le fattispecie di esenzione già riconosciute dal decreto “Agosto” che non richiedono coincidenza tra il proprietario dell’immobile e il gestore dell’attività continuano ad applicarsi secondo la vecchia regola, indipendentemente dal fatto che le stesse siano incluse anche nella tabella allegata al Dl “Ristori” e che la novella legislativa richieda l’immedesimazione tra proprietario e gestore.
Per completezza, ricordiamo che, relativamente agli immobili indicati nei primi tre punti elenco, il già citato articolo 177 del decreto “Rilancio”, in considerazione degli effetti connessi all’emergenza sanitaria ed economica, aveva stabilito l’esenzione dal pagamento anche della prima rata dell’Imu 2020.
PARTE PRIMA (Fisco Oggi)
Erogazione automatica sul conto corrente per chi ha già incassato l’analogo indennizzo previsto dal decreto “Rilancio”. Gli altri beneficiari dovranno presentare apposita domanda
Per sostenere gli operatori dei settori economici più direttamente interessati dalle misure restrittive adottate, in particolare dal Dpcm del 24 ottobre 2020, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, l’articolo 1 del Dl 137/2020 (decreto “Ristori”) prevede la concessione di contributi a fondo perduto, corrisposti direttamente dall’Agenzia delle entrate con la stessa procedura utilizzata nella precedente circostanza (articolo 25, Dl 34/2020). L’importo varia dal 100 al 400% del precedente bonus. Il contributo non concorre alla base imponibile né delle imposte sui redditi né dell’Irap, non incide sul calcolo degli interessi passivi deducibili ai sensi dell’articolo 61 del Tuir né sulla deducibilità dei costi diversi dagli interessi passivi di cui all’articolo 109, comma 5, Tuir.
A chi spetta
Per accedere al nuovo contributo a fondo perduto, in relazione al quale non è stato fissato alcun limite di fatturato (il decreto “Rilancio”, invece, prevedeva una soglia massima di 5 milioni di euro di ricavi), tre i requisiti necessari:
- avere la partita Iva attiva al 25 ottobre 2020 (restano fuori coloro che l’hanno attivata a partire da quella data)
- dichiarare di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici Ateco presenti nella tabella allegata al Dl (tra queste, pasticcerie, gelaterie, bar, ristoranti, piscine, palestre, discoteche, teatri, cinema, alberghi). Per attività prevalente si intende quella dichiarata tale ai sensi dell’articolo 35 del Dpr 633/1972, ossia con il modello (AA9/12 per le persone fisiche, AA7/10 per i soggetti diversi dalle persone fisiche) presentato per la dichiarazione di inizio o di variazione di attività
- avere un ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi di quello relativo al mese di aprile 2019 (ad esempio, nell’ipotesi in cui il fatturato di aprile 2019 sia stato di 6mila euro, si ha diritto al contributo se il fatturato di aprile 2020 è inferiore a 4mila euro). Per determinare correttamente gli importi, occorre far riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi, che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è la data, rispettivamente, della fattura (se elettronica, campo 2.1.1.3) e del corrispettivo giornaliero, mentre, per le fatture differite, è la data dei Ddt o dei documenti equipollenti richiamati in fattura (se elettronica, campo 2.1.8.2. Vanno considerate le operazioni che hanno partecipato alla liquidazione periodica del mese di aprile 2019 rispetto ad aprile 2020 (circolare 15/2020).
Inoltre, entro il limite di spesa di 50 milioni per l’anno 2020, è previsto che, con decreti Mise/Mef, possano essere individuati ulteriori codici Ateco destinatari dell’indennizzo, purché si tratti di settori “direttamente pregiudicati” dalle misure restrittive introdotte dal Dpcm 24 ottobre 2020.
Come viene erogato
Per la corresponsione del nuovo “contributo Covid-19”, sono previste due diverse modalità, a seconda se il beneficiario abbia fruito o meno dell’analogo ristoro ex decreto “Rilancio”:
- i contribuenti che hanno ricevuto il “vecchio” contributo e non l’hanno restituito non dovranno effettuare alcun adempimento. La cifra spettante sarà corrisposta dall’Agenzia delle entrate con accredito diretto sullo stesso conto corrente sul quale è stato erogato il precedente indennizzo
- i contribuenti che non hanno richiesto il “vecchio” contributo (ad esempio, quelli esclusi perché con ricavi superiori a 5 milioni), dovranno presentare apposita istanza tramite la procedura web e il modello approvati con provvedimento 10 giugno 2020 (un nuovo provvedimento delle Entrate dovrà stabilire termini e modalità per la trasmissione delle istanze). Niente indennizzo se la partita Iva risulta cessata alla data di presentazione dell’istanza.
A quanto ammonta
Per determinare l’importo del nuovo contributo a fondo perduto, vanno richiamate le disposizioni dettate dal Dl “Rilancio”, in base al quale l’ammontare “è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019”. La percentuale è stabilita in funzione dei ricavi o compensi relativi al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (19 maggio 2020), ossia, per i contribuenti “solari”, quelli relativi al 2019:
- 20%, con ricavi/compensi fino a 400mila euro
- 15%, con ricavi/compensi superiori a 400mila euro e fino a 1 milione
- 10%, con ricavi/compensi superiori a 1 milione e fino a 5 milioni.
Ad esempio, a un’impresa con ricavi 2019 pari a 200mila euro e un calo di fatturato ad aprile 2020, rispetto ad aprile 2019, per 8mila euro, è spettato un bonus di 1.600 euro.
In ogni caso, il contributo non può mai essere inferiore a mille euro per le persone fisiche e a 2mila euro per gli altri soggetti. Beneficia del contributo minimo anche chi ha iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, senza conseguire ricavi in quell’anno.
Il nuovo ristoro è pari a quello calcolato - e già percepito - secondo le regole appena ricordate, incrementato di una certa percentuale, diversa a seconda del codice Ateco di appartenenza (vedi tabella):
- 100% (taxi e autonoleggio)
- 150% (bar, gelaterie, pasticcerie, alberghi, affittacamere, villaggi turistici, campeggi eccetera)
- 200% (ristoranti, palestre, piscine, impianti sportivi, cinema, teatri, intrattenimento eccetera)
- 400% (discoteche, sale da ballo, night club e simili).
Riprendendo l’esempio precedente, nel caso l’attività svolta rientrasse nel settore della ristorazione, il nuovo contributo sarebbe pari a 3.200 euro, il 200% di quello già percepito.
Anche per coloro che non hanno usufruito del contributo ex decreto “Rilancio” (ad esempio, i soggetti con ricavi superiori a 5 milioni), i quali - ricordiamo - potranno accedere al beneficio solo a seguito di presentazione dell’apposita istanza, l’importo spettante è dato dal valore determinato con i su citati criteri dell’articolo 25, Dl 34/2020 (con la puntualizzazione che al calo di fatturato dei soggetti con ricavi sopra i 5 milioni di euro si applica la percentuale del 10%), maggiorato secondo lo specifico settore economico.
In ogni caso, contrariamente a quanto previsto per il precedente indennizzo che non era soggetto ad alcun massimale, l’ammontare del nuovo “contributo Covid-19” non può superare i 150mila euro.
A chi ha iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 e non ha il requisito del calo di fatturato, spetta il contributo minimo (mille euro per le persone fisiche, 2mila euro per gli altri soggetti), incrementato in maniera differenziata a seconda dell’attività esercitata.